Il libro che conosciamo oggi è il risultato di una lunga e grande evoluzione che, partendo dall’Egitto, dalla Cina e dall’Oriente è arrivata fino a noi. La parola libro ha numerosi sinonimi: volume, tomo, romanzo, opera, testo etc…. Tutti questi evidenziano chi il contenuto, chi l’aspetto, l’oggetto che noi chiamiamo libro.
“Libro” deriva dal latino accusativo di “liber”, “librum”. “Liber” propriamente è la scorza interna dell’albero. “Liber” deriva da una radice di matrice indoeuropea, “lap”. Da questa derivano parole greche affini al significato di buccia e corteccia; come “λεπω” (sbucciare, pelare), “λοπος” (corteccia, buccia). Perciò libro è lo strato più superficiale del legno; il libro è la buccia dell’albero, la corteccia costituita da carta.
E la carta che cosa rappresenta? Qual’è il suo significato originario?
I Francesi chiamano la carta “papier”, gli Inglesi “paper”, i Tedeschi “papier” e infine sia gli Spagnoli sia i Portoghesi la chiamano “papel”. Tutti questi appellativi derivano dal latino “papirus”, il papiro. Anticamente le sue fibre erano utilizzate dagli Egizi per la fabbricazione di fogli da scrivere. Questa pianta palustre si tagliava in liste sottilissime che erano lisciate, incollate e pressate insieme a formare una lunga striscia sulla quale era possibile scrivere. Questa era poi arrotolata a formare il “volumen”, da cui il nostro volume. Ma attenzione: noi oggi chiamiamo volume un libro di fogli piatti, rilegati, mentre nell’antichità i fogli erano arrotolati: “volumen” appunto, da “volvo”, io avvolgo.
Nel dialetto ligure della Riviera di Ponente, proprio per la stretta vicinanza con la Francia, la carta è chiamata “papeira”. In Val Nervia si trova, al confine tra il comune di Isolabona e quello di Dolceacqua un grande edificio abbandonato, che molti, osservandolo dalla strada, si chiedono che cosa dovesse essere e a che cosa servisse. Informandomi e documentandomi, ho scoperto che questo edificio veniva usato come cartiera intorno al 1850. Non per caso l’edificio sorge sopra un piccolo torrente chiamato Papeira, che in dialetto significa cartiera. Infatti il ruscello prima di gettarsi nel Nervia alimentava, attraverso una ruota, la vecchia cartiera che produceva carta di Canapa.
In Italiano invece la parola carta deriva da quella latina “charta”, a sua volta derivata dal greco “χάρτης”. Entrambe significavano “foglio di papiro”. Dunque sia in Italiano che in Francese, in Tedesco, in Inglese, in Spagnolo e in Portoghese la parola “carta” è legata alla materia da cui è composta.
“Papiro” in greco è “βυβλος”. Da “βυβλος” derivano molte parole presenti nella nostra lingua come: biblioteca (luogo dei libri), bibliografia (scrittura del libro), bibliofilia (amore per i libri). “Βυβλος”, a sua volta, viene dal Fenicio “biblos”, da cui la città Fenicia Biblo (ricca città Fenicia da cui partivano le principali rotte commerciali dei fogli di papiro). Vicino alla terra dei Fenici vi erano gli Ebrei. Molte parole Fenicie, con il passare del tempo, influenzarono cosi la lingua e la cultura Ebraica, come nel caso della parola “Bibbia”. La Bibbia infatti è il libro sacro per gli Ebrei o, per meglio dire, il grande libro degli Ebrei.
E se book derivasse anch’esso da “βυβλος”?
Ti piace questo argomento? Guarda pure l’articolo recente su Ecologia della parola.