Sono veloci, affamati e devono rimanere sempre in movimento. Se smettono di muoversi, muoiono: sono i ragazzi di questi millennio, sono gli squali. È l’estate della maturità, quella in cui si può fare ciò che si vuole, quella in cui, per la prima volta, si deve scegliere da soli e si sperimenta la paura del futuro.
Max, il protagonista, è un ragazzo che frequenta l’ultimo anno di liceo, al termine del quale si trova davanti ad una scelta difficile: accettare la proposta di trasferirsi a Roma e lavorare come incubatore di start-up oppure rimanere nella cittadina di provincia e continuare la sua vita da comune diciannovenne. La paura del futuro è il tema centrale del libro: è un sentimento che tutti, prima o poi, abbiamo provato e che ha costretto a fare delle scelte.
Probabilmente si può ritenere che il libro sia parzialmente autobiografico: l’autore, infatti, ha esordito qualche anno fa con Mio fratello rincorre i dinosauri alla giovane età di 19 anni, come il nostro protagonista.
In generale il romanzo è leggero e scorrevole. Devo, però, fare delle critiche: innanzi tutto avrei preferito un’analisi psicologica più profonda dei personaggi e poi avrei voluto una maggiore evoluzione della storia. In questo caso la strategia della semplicità adottata dall’autore non ha prodotto gli effetti sperati: il racconto non mi ha fatto provare emozioni profonde. Invece, una tematica importante e molto sviluppata è l’amicizia: quella con Filippo, Anna, Beatrice e Andrea, gli amici di sempre conosciuti tra i banchi. È un rapporto non sempre facile da gestire ma ricco di complicità e profondità.
Infine mi sento di consigliarlo a chi ha voglia di una storia leggera ma interessante per un pomeriggio di relax.
– Mica penserai ancora che le cose avvengano solo nelle grandi città… Quella è un’idea morta con il Novecento. – Avevo fatto mille volte discorsi del genere, ma questo stava uscendo bene. Filippo ascoltava, lo capivo dal suo sguardo – Muoviti – continuai.
– Anche restando qui. Devi muoverti. Se stai fermo, muori.
– Come gli squali! – esclamò Anna di colpo.
– Certe specie devono nuotare senza sosta per non soffocare o per non cadere sul fondo del mare.
Squali, ecco cosa eravamo, ecco cosa dovevamo essere. Animali capaci di scivolare in un mondo che aveva perso solidità, che era diventato instabile. Nulla mi suonava negativo in quella parola usata per descriverci: squali. Non eravamo crudeli solo affamati. Non eravamo impazienti, solo non potevamo restare immobili.